L’UNICEF e il Programma Alimentare Mondiale (PAM) necessitano di un miliardo di dollari in più rispetto a marzo per contenere le conseguenze socioeconomiche del coronavirus.
L’UNICEF necessita di 1,6 miliardi di dollari per potenziare i suoi aiuti umanitari a favore dei bambini colpiti dalla pandemia, più del doppio di quanto chiedeva a inizio marzo in un appello simile (651,6 miliardi). L’incremento riflette le gravi conseguenze socioeconomiche del coronavirus e la crescente emergenza in cui versano le famiglie. I costi per la presa a carico, l’invio e l’obbligo di assistenza aumentano drammaticamente.
«La pandemia è una crisi sanitaria che in poco tempo sta mostrando ripercussioni sui diritti dell’infanzia», ha dichiarato Henrietta Fore, Direttrice generale dell’UNICEF. «Le scuole sono chiuse, i genitori perdono il lavoro e la pressione sulle famiglie si fa insostenibile. Nell’ambito della riflessione su come sarà il mondo dopo la pandemia, questi fondi ci aiuteranno a reagire alla crisi, a risollevarci e a proteggere i bambini dalle sue conseguenze.»
L’accesso a servizi salvavita come l’assistenza sanitaria e le vaccinazioni è già ora a rischio per centinaia di milioni di bimbi, il che potrebbe comportare un grave aumento della mortalità infantile. La salute mentale e le conseguenze psicosociali delle restrizioni di movimento, della chiusura delle scuole e dell’isolamento che ne deriva potrebbero inoltre influire sui già elevati livelli di stress dei più piccoli, in particolare quelli più svantaggiati.
Secondo un’analisi dell’UNICEF, circa il 77 per cento dei minorenni nel mondo - 1,8 miliardi - vive nei 132 paesi che hanno introdotto un qualche tipo di restrizione a causa del coronavirus.
Fattori di rischio come violenza, abusi e trascuratezza stanno aumentando drasticamente per i bambini che subiscono le conseguenze socioeconomiche e le limitazioni di movimento. Donne e ragazze sono inoltre maggiormente esposte alle violenze sessuali e di genere, mentre in molti casi i profughi, i migranti e i rimpatriati hanno accesso limitato ai servizi, sono poco protetti e sempre più esposti a xenofobia e discriminazione.
«Dopo aver visto quali effetti ha la pandemia nei paesi industrializzati con un sistema sanitario sviluppato, siamo preoccupati per che cosa potrebbe accadere in quelli con sistemi sanitari più fragili e meno risorse disponibili», ha spiegato Henrietta Fore.
L’UNICEF focalizza il proprio operato sui paesi in crisi e lavora a pieno regime per limitare i contagi e le ripercussioni della pandemia su bambini, donne e fasce di popolazione vulnerabili, in particolare per garantire l’accesso alle cure mediche, all’acqua, al cibo, alle infrastrutture sanitarie, all’istruzione e alla protezione.
In seguito all’appello, finora l’UNICEF ha ricevuto 215 milioni di dollari. I fondi supplementari aiuteranno a consolidare i risultati già raggiunti:
- oltre 1,67 miliardi di persone sono stati raggiunti con misure preventive e informative sull’igiene, sull’importanza di lavarsi le mani, e di starnutire e tossire nel modo corretto;
- oltre dodici milioni di persone hanno ricevuto acqua, nonché articoli sanitari e per l’igiene personale;
- l’UNICEF ha distribuito più di 6,6 milioni di guanti, 1,3 milioni di mascherine chirurgiche, 428’000 mascherine N95, 291’000 camici, 13’000 occhiali protettivi, 63’500 visiere, 200 concentratori di ossigeno e 34’500 test diagnostici per contrastare la pandemia in 52 paesi;
- quasi ottanta milioni di bambini sono stati raggiunti con le lezioni a distanza e a domicilio;
- oltre 10,9 milioni di bambini e donne hanno beneficiato di prestazioni sanitarie di base in infrastrutture allestite dall’UNICEF;
- più di 830’000 bambini, genitori e persone di riferimento hanno ricevuto sostegno psicosociale e prestazioni di aiuto a favore della loro la salute mentale.
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